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UNA NUOVA ARMA CONTRO LA MACULOPATIA E LA RETINOPATIA DIABETICHE

altOttobfre 2018 - Se è vero, come purtroppo hanno rilevato le ultime previsioni dell’Organizzazione Mondiale   della Sanità, che il diabete sta diventando una pandemia globale e che anche le due complicanze più gravi di questa patologia, ossia la maculopatia e la retinopatia diabetiche, secondo le ultime rilevazioni statistiche dei più accreditati studi epidemiologici confermano un aumento esplosivo; è altrettanto vero che la ricerca scientifica ha  trovato misure terapeutiche  di straordinaria efficacia.

L’intelligenza artificiale: prodigio scientifico Ci riferiamo ai progressi dell’intelligenza artificiale ottenuti negli ultimi anni e che non hanno precedenti. Come è noto l’intelligenza artificiale, spesso indicata semplicemente con AI (Artificial Intelligence), è l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e dell’abilità umane. Computer sempre più potenti e la possibilità di avere enormi quantità di dati hanno reso possibile la creazione di software molto elaborati, che cambieranno radicalmente la nostra vita. Alcuni di questi prodigi e innovazioni fanno già parte della nostra vita, per esempio gli assistenti virtuali degli smartphone, come Siri, o i sistemi che consigliano che libro acquistare o film vedere i base ai nostri comportamenti. Sono software intelligenti che imparano dall'esperienza e sviluppano autonomamente la capacità di risolvere problemi. E che hanno già portato (e porteranno) importanti trasformazioni in medicina, uno dei campi di applicazione dell'intelligenza artificiale più interessanti: aiuteranno sempre più i medici a raccogliere, analizzare e organizzare i dati clinici, fare diagnosi precoci, pianificare trattamenti e trovare le migliori soluzioni per i pazienti. L’Intelligenza Artificiale è la grande speranza del 21esimo secolo in tutti i settori, soprattutto nel campo medico terapeutico,  Gli esempi già in uso non mancano, soprattutto nel campo delle patologie oculari.

L’algoritmo che legge la patologia retinica La Food and Drug Administration statunitense ha approvato un dispositivo di diagnostica basato su intelligenza artificiale che non necessita di un medico specializzato per interpretare i risultati. Il software, chiamato IDx-DR, grazie a un algoritmo, è in grado di rilevare una forma di malattia oculare visionando semplicemente le foto della retina scattate con una speciale macchina fotografica, che sono poi su un computer. L'algoritmo del software IDx-DR valuta se l'immagine caricata ha una qualità sufficiente per ottenere un risultato e poi analizza le immagini per determinare se il paziente ha o non ha la retinopatia diabetica. In uno studio clinico che ha utilizzato più di 900 immagini, IDx-DR ha rilevato correttamente la retinopatia in circa l'87% dei casi, e potrebbe correttamente identificare coloro che non hanno avuto la malattia in circa il 90% dei casi. 

Ciò significa che la tecnologia elaborata dall’intelligenza artificiale può essere utilizzata per attuare screening di massa di retinopatia e che tale rilevamento può essere fatto da un infermiere o anche da un medico non specialista dell'occhio. In questo modo si ottiene uno degli obiettivi fondamentali nella prevenzione con una  diagnostica più precoce, più facile e accessibile. Questa tecnica verrà utilizzata nella campagna  programmata per il mese di febbraio prossimo dal Centro Ambrosiano Oftalmico (CAMO) e che vedrà 25 centri di eccellenza a disposizione per diagnosi e visite gratuite su tutto il territorio nazionale, durante il Mese della Prevenzione di retino e maculopatia diabetica.

Screening diagnostici più facili. Sempre in campo oculare, Google ha lanciato il progetto DeepMind Health, che è in grado di processare milioni di informazioni mediche in pochi minuti, velocizzando i processi sanitari, che siano di natura clinica, come l’archiviazione delle cartelle, ma soprattutto di screening diagnostici. Il progetto Google DeepMind Health, che ha preso avvio nel 2016 con una collaborazione con il Moorfields Eye Hospital di Londra, consiste nell’analizzare un milione di scansioni di coerenza ottica (OCT, l’esame fondamentale per individuare la maculopatia) di migliaia di pazienti, per sviluppare un algoritmo di apprendimento automatico in grado di individuare i segni di particolari patologie oculari quali degenerazione maculare legata all’età e retinopatia diabetica. Anche questa nuova tecnica verrà usata nella campagna del Mese della Prevenzione.

Lenti a contatto misurano la glicemia. Ed è sempre Google, insieme alla Novartis, ad occuparsi di un’altra interessante scoperta che lavora alla possibilità di creare delle lenti a contatto che possano monitorare il livello di glucosio nel sangue. Una scoperta fondamentale ed utilissima per tutti coloro che soffrono di diabete. Grazie a microsensori, microchip e dispositivi miniaturizzati, le lenti riuscirebbero a fare il loro lavoro attraverso la lacrimazione: le lacrime scorrerebbero infatti sopra di esse ed un chip invierebbe i dati ad un computer remoto. Lenti a contatto che riescono a controllare la glicemia migliorerebbero di gran lunga la vita di chi soffre di diabete: i pazienti non sarebbero infatti più costretti a continui prelievi di sangue perché le lenti a contatto monitorerebbero in maniera continua e poco invasiva, avvertendo immediatamente il soggetto se i livelli di glicemia non sono nella norma. Il prototipo di queste smart contact lens è stato presentato a gennaio del 2014 e sarà immesso sul mercato tra cinque anni. 

Il ruolo del medico futuro. Certamente l’intelligenza artificiale sta cambiando la realtà scientifica e di ricerca della medicina. Ed è legittimo chiedersi come cambierà la relazione tra medici e pazienti, nel momento in cui sarà mediata da macchine divenute intelligenti. Ci saranno conseguenze inattese o effetti avversi?  Trarre il massimo vantaggio dall’Intelligenza Artificiale non deve farci dimenticare che queste tecnologie non possono sostituire l’uomo: sono di enorme aiuto analizzando una quantità di dati impossibile per il cervello umano, ma è sempre quest’ultimo l’elemento che dà un senso ai dati analizzati. Sta quindi all’uomo usare l’AI in modo virtuoso, dal punto di vista sia scientifico sia morale, senza mai dimenticare la dimensione etica del rapporto con il paziente.