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Mille e un tesoro intorno all’aeroporto di Brindisi ,Salento, un mondo di arte e cultura

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Mille e un tesoro intorno all’aeroporto di Brindisi. Dai siti archeologici alle città d’arte, in un viaggio fantastico che non a caso inizia da Brindisi, porta d’Oriente, la seconda capitale dell’impero romano, una città fiorente di cui si leggono le vestigia camminando per le sue vie e nel museo archeologico provinciale.

Il tour è stato testato con successo da un gruppo di giornalisti nazionali, guidati dalla brava guida Daniela Bacca, i quali hanno aderito ad un educational organizzato da Regione Puglia, assessorato al turismo, grazie a un finanziamento POIn Programma operativo interregionale (Fesr 2007 – 2013) “Attrattori culturali, naturali e turismo. Linea di intervento II.1.1 – Convenzione per la realizzazione di un intervento nell’ambito di un progetto di Promozione - promo-commercializzazione e sensibilizzazione di aree di attrazione culturale delle regioni convergenza con vie anche di accesso aeroportuali minori”. In questo caso l’aeroporto minore è Brindisi che, collegato con le principali città italiane ed europee con voli low cost, ha visto una crescita costante di traffico viaggiatori pari al 35%.

A curare gli aspetti organizzativi è stata l’Agenzia Spazio Eventiwww.spazioeventi.org  mentre a curare l’invito dei giornalisti e l’ufficio stampa è Carmen Mancarella, direttore della rivista di turismo e cultura del Mediteraneo Spiagge (www.mediterraneantourism.it), che ha realizzato ben 33 educational in soli otto anni, coinvolgendo ben 600 giornalisti.

“Tutto ruota intorno all’aeroporto di Brindisi, aeroporto minore, e le bellezze che lo circondano”, spiega la dirigente della Regione Puglia, Antonietta Riccio che ha ideato il progetto. “Abbiamo voluto valorizzare tutte le bellezze intorno all’aeroporto di Brindisi: dalla natura, ai siti archeologici e i castelli, fino alla Puglia creativa”.

Dopo Roma, Brindisi era la città più importante dell’Impero Romano, la Porta d’Oriente, dove terminava la via Appia. Per questo, proprio in età romana, fiorirono sontuose ville addobbate con statue mosaici e dipinti parietali. Grandi necropoli, rinvenute alla sua periferia, dimostrano quanto fosse ricca e densamente abitata. Per averne un’idea basta visitare il Museo archeologico provinciale, diretto dall’architetto Emilia Mannozzi,dove si conservano i resti di imponenti statue, corredi funerari, mosaici. Un’esperta guida come Francesco Buongiorno, che oltre che ad essere dipendente della Provincia è anche un giornalista, vi guiderà alla scoperta delle usanze dei suoi antichi abitanti, che non furono solo i romani, ma anche gli uomini primitivi e poi i messapi, che abitarono la Terra tra i due Mari. Alleati degli Ateniesi, i messapi amavano la lingua e la cultura greca, tanto che nelle loro tombe sono stati ritrovati vasi in stile attico ed erano nemici di Taranto, l’unica colonia spartana nella Magna Grecia. Un vaso in particolare distingue la loro civiltà: la trozzella, che le donne usavano per attingere l’acqua dalle cisterne e con il quale venivano sepolte.
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Le vestigia della Grande brindisi romana si leggono anche per le vie delle città. Guidati dalla dottoressa Anna Cinti, guida ufficiale del Comune, vediamo il capitello della colonna romana, conservato nel palazzo Nervegna, cuore culturale della città e i resti dell’antica Brundisium, il cui nome viene da Bronte, che significa cervo le cui corna assomigliano alle due anse naturali del porto di Brindisi che si incuneano nella terra ferma.

CASTRO, L’APPRODO DI ENEA: il professore Francesco D’Andria lo diceva ormai da anni, la Castrum Minervae di cui parla Virgilio nel III libro dell’Eneide è proprio Castro. Nel 2008, mentre cercava attraverso le mura aragonesi la via di accesso all’Acropoli, l’eminente archeologo trovò una statuina in bronzo alta poco più di dieci centimetri, raffigurante la Dea Minerva. Quest’estate è avvenuto il ritrovamento della grande statua in pietra della Dea Minerva e alcuni frammenti del tempio. E’ alta un metro e dieci, avvolta nella sua veste a pieghe con grandi seni (fatto inconsueto per una Dea come lei). Non ha testa, né braccia, ma il professore D’Andria è convinto che riuscirà a trovarne il capo. “Venne sepolta sotto un lastrone di pietra dove è stata ritrovata in età tardo repubblicana”, spiega la dottoressa Laura Masiello, della Sovrintendenza Beni archeologici della Puglia. “Come se chi lo avesse fatto non aveva intenzione di distruggere la statua, ma provasse ancora un profondo senso di rispetto verso la Divinità”.I frammenti del tempio sono decorati con motivi floreali simili a quelli che adornano i vasi attici nel museo di Brindisi.

“Queste importanti scoperte archeologiche”, spiega il vicesindaco Angelo Coluccia, “arricchiscono la nostra offerta turistica, che non sarà più legata solamente solo al suo bellissimo mare, che è peraltro Bandiera Blu e alla Grotta Zinzulusa, ma anche al turismo culturale, una grande leva per la destagionalizzazione”.
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A pochi passi da Castro si trovaGiurdignano, il giardino dei megaliti più grande d’ Europa. Se ne contano 23 concentrati lungo un percorso di campagna alla periferia del paese. Tra i menhir più “intriganti”, quello posizionato sulla piccola icona di San Paolo delle Tarante. E’ un’icona votiva scavata nella roccia lungo un sentiero di campagna. All’interno è raffigurata l’immagine di San Paolo, la ragnatela, simbolo del tarantismo e nella roccia, è confitto il menhir.

Molto grande il frantoio ipogeo, che tra l’anno Mille e fino ai primi del ‘900 era come tutti quelli del Salento, un vero e proprio pozzo di petrolio, fonte di grandi ricchezze. L’olio infatti serviva non solo per la cucina, ma soprattutto per illuminare le vie e le case. E il Salento, come Emirati Arabi ante litteram, con le sue immense distese di ulivi e i frantoi ipogei ne produceva in grandi quantità tanto che il suo olio venne utilizzato per lubrificare le macchine della rivoluzione industriale inglese.

Emozionante la Cripta di San Salvatore dove la Madonna bizantina dagli occhi a mandorla appoggia teneramente la sua guancia a quella di Gesù. E’ unica per i suoi soffitti scolpiti a forma geometrica. L’altare è sormontato da una decorazione con tre cerchi concentrici: le tre età dell’Uomo, i cicli della vita.

Dice il sindaco Monica Gravante: “Negli ultimi anni è cresciuto il numero dei turisti nel nostro piccolo centro così vicino a Otranto. Vengono richiamati dai nostri gioielli: la cripta di San Salvatore, il frantoio ipogeo e il giardino dei megaliti, visitabile anche di notte, grazie all’illuminazione. Anche il nostro centro storico è molto caratteristico e lo stile di vita è rimasto ancora fondato sulla solidarietà e i valori dell’amicizia. La nostra festa più bella sono le Tavole di San Giuseppe che celebriamo tra il 18 e il 19 marzo e che ormai richiamano visitatori da tutte le parti della regione e d’Italia”.

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LECCE BAROCCA E L’ANTICA RUDIAE. Intanto l’offerta turistica di Lecce diventa sempre più ricca. Alla periferia della città là dove sorgeva l’antica Rudiae dove nacque il padre della letteratura latina Quinto Ennio, gli archeologi guidati dal professore D’Andria hanno scoperto un grande anfiteatro. Venne donato da una donna ricchissima, Otacilia Secundilla, figlia del senatore Marcio a Rudiae per i giochi, come si legge nell’epigrafe realizzata per l’inaugurazione dell’Anfiteatro, il quale è stato ricavato da una dolina naturale, di cui sono stati sfruttati i fianchi per ricavarne le gradinate. Arrivava a contenere fino a 8mila persone!

Questa scoperta scrive una pagina nuova nella storia di Lecce. Si pensava infatti che l’antica Rudiae, alla periferia dell’attuale centro urbano, fosse stata condannata all’abbandono dopo la nascita della Lupiae romana, dove sotto l’imperatore Augusto si realizzò un grande anfiteatro. Invece tra il I e il II secolo dopo Cristo la troviamo più fiorente che mai!

Sotto l’alta sorveglianza e direzione scientifica della Sovrintendenza Beni Archeologici Puglia, diretta daLuigi La Rocca con èquipe formata da Salvatore Bianco e Daniela Tansella, i lavori sono stati diretti dagli architetti Roberto Bozza ed Enrico Ampolo, mentre l’assistenza scientifica agli scavi è stata affidata ad Archeologia Ricerca e Valorizzazione A.R.Va srl spin off dell’Universitò del Salento con gli archeologi Pio Panarelli, Dario Corridore, Alessandro Monastero, Caterina Polito. Ditta appaltatrice la Nicolì srl.

I lavori”, spiega l’assessore all’Urbanistica, Gaetano Messuti, “sono stati sostenuti grazie ad un finanziamento Poin dell’Unione europea Fesr 2007-2013 pari a 765mila euro, messi a disposizione dal Ministero ai Beni Culturali. A fine dicembre, riusciremo ad aprire il nuovo anfiteatro ai cittadini leccesi e alla fruizione dei turisti”

 Ma Lecce è nota al mondo soprattutto per il suo barocco, tra palazzi gentilizi e chiese mozzafiato che la rendono unica al mondo.Tra la Basilica di Santa Croce, palazzo dei Celestini e piazza Duomo è un susseguirsi di facciate e portali ricamati dalle abili mani degli scalpellini.Nella Chiesa del Duomo possono ammirare tre scuole barocche: la romana (altare decorato in oro), la napoletana e la locale in un tripudio di arte e fantasia come il simbolo di Lecce: la Lupa all’ombra di un albero di leccio.Per le vie del centro storico si può curiosare tra i giardini segreti chiusi come uno scrigno nei palazzi nobiliari come Palazzo Rollo e tra le botteghe di cartapesta, che producono, presepi, paesaggi salentini e ballerine di pizzica.

La cartapesta è tipica leccese”, spiega Claudio Riso, nella sua bottega-seminterrata lungo il corso. “Nacque come arte sacra per sostituire le pesanti statue dei Santi di legno con quelle di cartapesta che pesavano appena venti chili. Oggi noi produciamo non solo Statuaria, ma anche presepi, paesaggi salentini e ballerine di pizzica, che piacciono molto. Proprio perché unica la cartapesta leccese viene richiesta in tutto il mondo: noi esportiamo negli Stati Uniti e persino in Giappone”.Non c’è da stupirsi se Lecce registra negli ultimi anni un aumento del turismo, soprattutto straniero.“Sì abbiamo registrato un forte incremento turistico”, spiega l’assessore al marketing e turismo del Comune di Lecce, Luigi Coclite, “arrivano nella nostra città tantissimi gruppi di stranieri, richiamati dal fascino del barocco. Oggi la nostra offerta turistica si arricchisce grazie al ritrovamento del nuovo anfiteatro”.

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TUTTO IL FASCINO DI ROCA VECCHIA, MARINA DI MELENDUGNO - Il Salento, la terra dei due mari, come lo definiva lo storico greco Erodoto è terra di incontri e culture. Roca Vecchia con la sua grotta della poesia è un affascinante sito archeologico sul mare, la Micene del Salento. Accoglieva i naviganti, i quali portavano con le loro barche a vela vasi e cultura. Al centro del sito vi è la Grotta della Poesia piccola, scoperta e studiata dal professoreCosimo Pagliara. E’ un antico santuario frequentato da greci, latini e messapi, i quali incisero sulle sue pareti le loro invocazioni al dio Tator: se avessero attraversato sani e salvi il Canale d’Otranto, gli avrebbero fatto molti doni. Lo raccontaLiberata Del Coco dell’Associazione Uniroca (www.uniroca.it) che cura le visite guidate nel parco archeologico.

La Poesia piccola è collegata alla Poesia grande, definita dal National Geographic tra le dieci piscine naturali più belle al mondo. Il nome deriva dal greco ap che significa acqua perché lungo le pareti vi scorrono sorgenti di acqua dolce. La radice ap la ritroviamo anche nella parola Messapia (da mesos che vuol dire mezzo e ap. Acqua). Il significato di Messapia è dunque la Terra tra due mari, come la indicava Erodoto e tutto il mondo antico.

“Roca è unica al mondo, un sito archeologico affacciato sul mare dove è possibile fare un bagno nella Storia”, dice il sindaco di Melendugno, Marco Potì. “Da quando il National Gepgraphic ha inserito la Grotta della Poesia tra le dieci piscine naturali più belle al mondo, il sito è stato meta di un flusso impressionante di turisti e sempre in forte crescita. Ci stiamo ponendo il problema della sua valorizzazione, conservazione e tutela, magari attraverso la costituzione di una fondazione con l’Università del Salento e altri partner” L’importanza di Roca nel Mediterraneo risplende nelle sale del castello di Acaya dove una mostra temporanea, curata da Oronzina Malecore e i colleghi archeologi, sui suoi reperti è ormai prossima a diventare permanente.

“Abbiamo ottenuto un così grande successo, che pensiamo ora di trasformare la mostra Roca nel Mediterraneo da temporanea a permanente”, spiega il direttore dell’Istituto di Culture Mediterraneee, Gigi De Luca. In mostra non solo vasi e reperti che arrivano fino all’ultima fase dell’Età del Bronzo, ma anche la copia dei famosi dischi d’oro, che utilizzati per i riti religiosi, simbolo del sole, sono stati in mostra a Catanzaro. 

Acaya è la città ideale del rinascimento che l’architetto militare Giangiacomo concepì come modello di perfezione, l’uomo misura di tutte le cose. Ecco dunque che vie e piazze sono perfettamente perpendicolari e squadrate e vennero realizzate rispettando i multipli del 3. Ogni anno i suoi abitanti organizzano una rievocazione storica.Il castello monumentale racchiude quelli che sono i monumenti simbolo della Puglia: una mostra sugli alberi di ulivo millenari e i loro mille volti. Carlo Toma ha inventato un libro per giocare e sognare in una raccolta di fotografie ospitate anche a Expo 2015.“Ho girato per le campagne e con un semplice smartphone ho fotografato gli ulivi millenari i cui profili spesso sembrano quelli di uomini, scimmie, animali feroci o altro... Poi ho invitato cinque tra grafici e disegnatori a disegnare che cosa vedevano. Ne è nato un libro elegante, ma anche divertente da regalare agli amici”.
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L’ORCHESTRA DE FALLA, MUSICA CHE FA VOLARE. Un salto in avanti nel tempo ed ecco il magnifico concerto dell’orchestra di chitarre dell’Associazione De Falla diretta mirabilmente dal maestro Pasquale Scarola (www.orchestradichitarredefalla.it). Formata da venti elementi, tra professori e diplomandi del Conservatorio di Bari, l’orchestra esegue un vasto repertorio grazie agli arrangiamenti per orchestra di chitarre, percussioni e fiati del maestro Pasquale Scarola. Ha donato ai giornalisti, nella magnifica cornice della chiesa madre di Acaya, un concerto ricco di emozioni per bravura, brio e professionalità. Rappresenta una novità nel quadro della musica per chitarra, tanto da essere recensita oltre che dai quotidiani più diffusi come Corriere della Sera e Repubblica anche da riviste di settore come Guitar Club, Chitarre e Guitart.“Il nostro scopo”, spiega il maestro Pasquale Scarola, “è di riportare il grande pubblico alla cultura, facendolo emozionare”. 

GALATINA, CAPITALE DEL TARANTISMO e LA BASILICA DI SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA. Da Galatina arriva il ritmo incessante dei tamburelli, accompagnati da violini e fisarmonica. E’ la pizzica, la danza tipica del Salento, che veniva eseguita nella Festa dei Santi Pietro e Paolo di fronte alla Chiesa Madre e nella piccola cappella di San Paolo. Donne e uomini, morsi dalla taranta, erano costretti a ballare fino a che non guarivano, bevendo l’acqua benedetta del pozzo di San Paolo.Ma un monumento unico al mondo è la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, realizzata sul finire del ‘300 da Raimondello del Balzo Orsini e ultimata dalla moglie, l’ambiziosa regina Maria d’Enghien.La costruzione della Basilica divenne sul finire del ‘300 un vero e proprio cantiere di ideee e di cultura, perché per affrescarla arrivarono artisti dalle più prestigiose scuole pittoriche. Accanto a quella locale troviamo infatti la giottesca e la tedesca.Sulle sue pareti la Vita di Gesù e la Vita di Maria con la raffigurazione della sua Assunzione in Cielo, ma anche le passioni e gli intrighi di corte dettati dall’ambiziosa regina Maria d’Enghien, che mentre “prestava” il suo volto alla Madonna, non esitò a far dipingere la cognata Giovanna la Pazza, tra le scene del Giudizio Universale, mentre cavalcava la bestia dei sette peccati capitali, facendosi toccare da due mori!

“Abbiamo un inestimabile patrimonio che tutto il mondo ci invidia”, spiega l’assessore al turismo Patrizia Sabella, “e vediamo come il turismo stia crescendo sempre più nella nostra città soprattutto grazie all’arrivo di stranieri”.“Turismo va di pari passo con cultura”, dice l’assessore alla cultura Daniela Vantaggiato“ospiteremo a fine mese la commissione Unesco perché la nostra Basilica rientri nel Patrimonio dell’Umanità e un ciclo di convegni detti orsiniani che approfondiscono la conoscenza della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, un tesoro d’arte e cultura, ancora non del tutto esplorato”.
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Ma chi dice Galatina, dicePASTICCIOTTO, il dolce tipico del Salento, nato proprio qui: pasta frolla che avvolge morbida crema.

Dice Cristina Campagnacci, titolare con il marito Luigi Derniolodella pasticceria Eros: “Il pasticciotto nasce a Galatina nel 1745. Ha successo per la sua semplicità e la qualità degli ingredienti: zucchero, farina, uova e anche un po’ di strutto nelle ricette più tradizionali”. Il pasticciotto è da accompagnare con il CAFFE' IN GHIACCIO CON LATTE DI MANDORLA. Il caffè caldo viene versato in un bicchiere colmo di ghiaccio e addolcito con latte di mandorla. Lo troverete solo nel Salento!

Il viaggio prosegue a OTRANTO:il Salento dei due mari custodisce ancora un altro inestimabile tesoro la Cattedrale di Otranto e il suo grande mosaico, l’Albero della Vita. Grifoni, il re Artù, Carlo Magno, la Fatica dell’Uomo e lo scandire dei mesi, il peccato originale di Adamo ed Eva che mangiano non la mela, ma un fico, si intrecciano in un’opera d’arte unica realizzata nel 1163 da fra Pantaleone, un capolavoro dell’arte medioevale che racconta tutta la magia del Salento, dove l’Oriente e l’Occidente si incontrano.

Sospeso tra il cielo e l’azzurro mare il borgo antico di Otranto bianco e ricamato è ancora oggi un porto di mare dove i popoli si incontrano e dialogano. Il turismo cresce in maniera esponenziale e il 2015 ha segnato il boom di presenze con un incremento di quelle straniere: 700mila tra aprile e settembre.“Siamo un popolo che accoglie, che dialoga”, esordisce il sindaco di Otranto, Luciano Cariddi. “In passato abbiamo accolto i popoli che venivano dall’Oriente. Oggi, accogliamo con grande piacere i turisti che portano le loro culture. Il turismo qui a Otranto, dopo un periodo di relativa stasi, nel 2010, ha registrato una costante crescita”.Anche i salentini stanno riscoprendo la bellezza del Salento. Ogni domenica mattina non si perdono le passeggiate culturali del professore Binucci che li guida alla scoperta dei luoghi più suggestivi del Salento. Ne abbiamo incontrati 200 davanti al castello di Otranto, moltissimi dei quali erano affermati professionisti salentini.“Amiamo ritrovarci con il professore Binucci”, spiega Ada Scarcia, dottoressa commercialista, “non solo perché è molto bravo, ma anche perché sentiamo il bisogno di conoscere tutta la bellezza e la storia della nostra terra. Spesso vediamo arrivare turisti che ne sanno più di noi”.“Il professore, bravissimo, mette a disposizione la sua cultura e il suo sapere gratuitamente”, spiega Catia Colitta, dipendente della Provincia di Lecce. “Ognuno raggiunge il luogo convenuto con la propria auto, liberamente e si aggrega. Certe volte ci siamo ritrovati in 500!”E per le vie del centro storico ecco, in pieno inverno, i turisti stranieri. Sono inglesi e in maniera molto slow arrivano a Otranto in bici, lasciandosi andare a un saluto ironico e un augurio: quello di ritornare presto, molto presto nella Terra dei due Mari , mari di incontri e culture.